William Stanley Jevons, un logico e uno dei maggiori teorici dell'economia della seconda metà dell'ottocento, è stato tra i primi a ricercare una spiegazione teorica al ricorrere periodico delle crisi economiche.
William Stanley Jevons è ricordato oggi soprattutto per la sua formulazione (indipendente da quelle, più o meno contemporanee, di Léon Walras e Carl Menger ) della dottrina dell'utilità marginale, su cui si fonda la teoria economica neoclassica ancora oggi insegnata nei corsi introduttivi all'economia. In vita, Jevons era conosciuto soprattutto per i suoi contributi su questioni di statistica economica e di economia applicata; e, verso la fine della carriera, per aver sprezzantemente e coscientemente sfidato il senso del ridicolo proponendo --tanto al pubblico accademico quanto ai lettori del Times-- una teoria secondo la quale causa del ciclo economico sarebbe da attribuire alle macchie solari. 1
Isolata dal proprio contesto una tale affermazione sembrava quasi provocatoria, e non stupisce pertanto che i commentatori contemporanei l'avessero accolta con sarcasmo --vi è stato, ad esempio, chi ha pubblicato un articolo sull'influenza delle macchie solari nell'alternanza tra Cambridge e Oxford nella vittoria nelle regate sul Tamigi. 2 La teoria di Jevons, tuttavia, risulta da una specifica interpretazione dei fenomeni ciclici, che occorre pertanto esplorare più a fondo per comprendere questa idea apparentemente bizzarra.
I primi scritti di Jevons sui cicli risalgono agli anni sessanta dell'ottocento, la teoria delle macchie solari al 1875-79. In questo lasso di tempo, Jevons si convince che il ricorrere delle crisi è un fenomeno molto più regolare di quanto egli stesso non supponesse in principio e di quanto non credessero i suoi contemporanei. Nel suo primo saggio sul tema, dedicato alle fluttuazioni stagionali dell'attività commerciale (legate, ad esempio, al fatto che l'agricoltura segue un ritmo ben preciso nel corso dell'anno), Jevons ne riconosce la regolarità ma tratta le crisi come `grandi fluttuazioni irregolari', che accentuano il tipico andamento dei fallimenti dando luogo a `disastrose rotture nel credito commerciale'. 3
Negli anni seguenti Jevons esamina a fondo la letteratura sulla questione, scoprendovi frequenti cenni alla periodicità approssimativamente decennale del fenomeno, e raccoglie personalmente numerosi dati relativi alle crisi, finendo per persuadersi che il fenomeno è di per sé "strettamente periodico" 4 (salvo irregolarità dovute ad "eventi eccezionali e accidentali, come guerre, grandi fallimenti commerciali, panici infondati e così via" 5 ), e che questa periodicità necessitasse di una spiegazione. Le macchie solari sono state chiamate in causa appunto per risolvere questo specifico problema, che è distinto dalla questione dell'alternarsi di fasi di espansione e di recessione.
Jevons non si è dilungato sugli eventi che caratterizzano il ciclo, limitandosi a rinviare alla trattazione di John Mills, formulata pochi anni prima, che attribuiva le fluttuazioni a cambiamenti negli umori di commercianti e banchieri --soprattutto di questi ultimi, poiché il funzionamento del sistema creditizio si basa essenzialmente sullo stato di fiducia. Mentre in condizioni normali le aspettative degli operatori corrispondono allo stato dell'economia e il credito è concesso in modo `ordinario', a volte le aspettative sono errate, e ne consegue un credito `erroneo' o `malato'. 6
Jevons accettava nelle linee principali l'interpretazione di Mills, ma sottolineava altresì che essa ometteva le ragioni ultime di questi cambiamenti, che andavano invece ricercate in "eventi esterni, in particolare nelle condizioni dei raccolti", 7 che inducono variazioni dei prezzi e nell'andamento del commercio. Le informazioni in proposito inducono poi commercianti e banchieri a modificare la propria linea di condotta. 8
Rimaneva tuttavia la questione principale: quella della periodicità del ciclo, da ricondurre a quella del ritmo dei rendimenti agricoli. La soluzione proposta da Jevons, che --come detto-- fa riferimento alle macchie solari, non nasce dal nulla, ma ha origine nelle "recenti e continue discussioni" in quegli anni sul periodo e sulle conseguenze delle variazioni nell'attività solare, cui lo stesso Jevons si richiama esplicitamente. 9 Jevons, partendo dalla constatazione che i raccolti dipendono dalle condizioni meteorologiche, riprende dunque il suggerimento che queste ultime siano legate all'andamento dell'intensità della radiazione solare, che a loro volta sono correlate alle macchie solari.
La catena causale tra le macchie solari ed il ciclo economico è dunque lunga e tortuosa; ma non è questa la preoccupazione di Jevons. Egli si sofferma infatti sulla periodicità delle macchie solari, che ritiene essere troppo simile a quella del ciclo economico per non essere con questo collegata. Quando, nel 1875, Jevons ha presentato il suo primo lavoro sul ciclo e le macchie solari, si riteneva che queste ultime avessero un periodo di 11.1 anni, contro i 10.8 anni stimati da Jevons per le crisi economiche. In seguito gli astronomi hanno corretto a 10.45 anni la valutazione del periodo delle macchie solari, con grande sollievo di Jevons che nel frattempo aveva prolungato indietro nel tempo la serie di dati a sua disposizione (che copriva ora il periodo 1721-1878) e rivisto la datazione di alcune crisi, rettificando dunque la durata media del ciclo a 10.466 anni. 10
Secondo Jevons, una tale "quasi perfetta coincidenza" non poteva che costituire una "robusta evidenza" a favore dell'esistenza di un legame causale tra le macchie solari ed il ciclo. 11 Legare tra loro innumerevoli rapporti di causa e di effetto, tuttavia, non è stata un'impresa semplice.
Il primo tentativo, datato 1875, si basava su un'analogia con la fisica delle oscillazioni per risonanza. Jevons aveva supposto che, come le vibrazioni dell'aria provocate dal canto di una specifica nota possono far vibrare un bicchiere di cristallo fino al punto di romperlo, le macchie solari possono mettere in moto e amplificare le fluttuazioni negli umori di banchieri e commercianti fino al punto di provocare una crisi economica. Le macchie solari erano dunque interpretate come un impulso che, inserendosi su una specifica struttura capace di oscillare, la metteva in moto. 12
Jevons si è tuttavia ben presto reso conto che tale spiegazione presupponeva "la bizzarra ipotesi che il mondo commerciale sia costituito in tale modo ... da essere capace di vibrare con un periodo di circa 10 anni", e che fluttuazioni esogene con un periodo di 11 anni riescano di tanto in tanto a mettere in moto queste vibrazioni. 13 In altri termini, la teoria del 1875 continuava a presupporre, senza essere capace di spiegarla, l'esistenza di un intrinseco e preciso periodo di oscillazione, e non costituiva dunque un gran passo avanti rispetto al problema rimasto aperto con la teoria di Mills. Jevons si è inoltre accorto che le serie di dati che aveva raccolto era compatibile con altre periodicità, e ha pertanto deciso di non pubblicare il suo lavoro. 14
Nel 1878, grazie alla `meravigliosa coincidenza' risultata dal nuovo computo dei periodi, Jevons opta per un legame più diretto. In un primo contributo si limita ad affermare che i fenomeni del ciclo e delle macchie solari non possono che essere legati come causa ed effetto, aggiungendo però che "l'esatta natura della connessione non può, al momento, essere stabilita". 15 Se Jevons non ha dubbi che il legame debba passare attraverso l'agricoltura, egli ha tuttavia delle difficoltà nel trovare un preciso legame statistico tra fluttuazioni nei raccolti e ciclo economico. Dapprima egli pensa che il commercio con le colonie e le regioni tropicali o semi-tropicali possa avere qualcosa a che vedere con il fenomeno: nonostante le statistiche siano `disturbate da vari eventi', Jevons rileva nei conti della East India Company "una meravigliosa tendenza alle fluttuazioni decennali". 16
L'intuizione che Jevons considera conclusiva giunge nel 1879, quando può proclamare: "credo ... di aver trovato l'anello mancante necessario a completare una prima schematizzazione dell'evidenza". Jevons muove in primo luogo dall'osservazione, formulata quasi un decennio prima da Ollerenshaw, secondo cui il volume di affari dell'industria cotoniera del Lancashire dipende dal prezzo del riso in India. Prevedendo le reazioni incredule e divertite dei commentatori, Jevons li invita a guardare sotto l'apparenza superficiale: quando il riso costa poco il povero contadino indiano può permettersi di mettere da parte qualche soldo, con cui acquista nuovi vestiti; se si moltiplica questo piccolo margine per i milioni di paesani si spiega l'aumento delle importazioni dall'Inghilterra. Altri autori, inoltre, avevano osservato come le carestie in India tendessero a succedere con una certa periodicità. Ciò basta a stimolare Jevons ad intraprendere ricerche sulle oscillazioni del prezzo dei cereali a Dehli. I dati così raccolti, dovutamente interpretati, mostrano "una coincidenza quasi perfetta" tra le crisi commerciali in Inghilterra negli ultimi decenni del Settecento e le scarsità di cereali in India, 17 la cui periodicità è "in ultima analisi dovuta ai cambiamenti nell'attività solare". 18
Nella visione di Jevons il ciclo ha una causa ultima puramente esogena, che modificando l'"ambiente industriale" 19 nel quale agiscono gli operatori economici ne altera le prospettive e dunque il comportamento. Da qui, la trasmissione dal ciclo agricolo al resto dell'economia segue la logica interna del sistema --il quale, senza questi eventi esterni, non mostrerebbe segno alcuno di crisi. In questo senso, come vedremo nei prossimi articoli, l'approccio di Jevons è il precursore di molte teorie moderne del ciclo.
Questo articolo è apparso in Azione (settimanale di Lugano) il 5 giugno 2002. © Daniele Besomi
1. Sullo scetticismo dei contemporanei di Jevons si vedano le reazioni citate in Gallegati 1994 , pp. 23-24.
2. Vi sono state naturalmente anche critiche più serie: quelle pubblicate nel Times e nell'Economist sono riassunte in Peart 2001 , p. 268.
3. Jevons [1862] , in 1884, pp. 8-9.
4. Jevons 1878b , in 1884, p. 227.
5. Jevons [1875] , in 1884, p. 203
6. Mills 1868 . Sull'accettazione della teoria di Mills da parte di Jevons ha insistito molto Peart (1991, 1996) , la quale sottolinea che essa rende conto di un fattore endogeno nella teoria delle macchie solari, solitamente intesa come puramente esogena.
7. Jevons [1875] , in 1884, p. 204.
8. Jevons 1878a , in 1884, p. 215-16.
9. È possibile che la formazione di Jevons, che prima di passare all'economia ha dedicato anni alla raccolta di dati meteorologici in Australia, abbia contribuito a dirigere la sua attenzione al ciclo agricolo e alle macchie solari (Black 1981, p. 20), come ha senza dubbio influito il lavoro di Arthur Schuster, un collega di Jevons all'Owens College, che aveva notato come la qualità delle vendemmie si succedessero ad intervalli approssimativamente corrispondenti a quelli delle macchie solari (citato in Jevons [1875] , in 1884, p. 195; vedi Gallegati 1994 , p. 26).
10. Va comunque notato che lo stesso Jevons riconosceva di essere stato guidato, nella raccolta e interpretazione dei dati, da un pregiudizio teorico a favore di una stretta regolarità nel fenomeno ( Jevons 1878b , in 1884, p. 228).
11. Jevons 1878b , in 1884, p. 231.
12. Peart 1996 , p. 53, sottolinea come anche in precedenza Jevons avesse trattato l'agricoltura come un disturbo che si sovrapponeva alle forze cicliche intrinseche e ne moltiplicava gli effetti.
13. Jevons 1878b , in 1884, p. 226.
14. Lettera di Jevons a John Mills, 3 gennaio 1877, in Jevons 1972-81, vol. 4, pp. 188-89; e Jevons 1878b , in 1884, p. 225.
15. Jevons 1878b , in 1884, p. 231.
16. Jevons 1878b , in 1884, p. 232.
17. Jevons 1879 , in 1884, p. 239.
18. Jevons 1879 , in 1884, p. 243.
19. Jevons 1878a , in 1884, p. 215.